IL BIMBO “BUONO” Riflessioni e imput

1) Domanda: “E’ felice un bimbo “Buono”?
2) Domanda: Che significato, valore e in funzione di chi e di che cosa si identifica un bimbo “Buono”?
3) Domanda: E’ se stesso un bimbo “Buono “o piuttosto è un individuo adeguato a condizionamenti, convinzioni socio-culturali-tradizionali-psicopedagogiche , plasmato fin dalla nascita?
QUALCHE IMPUT IN RISPOSTA
Risposta alla domanda 1) E’ tutto da valutare tenendo conto di tanti fattori tra cui :
-apparente tranquillità per essere accettato ed evitare di essere emarginato e rimanere da solo
– repressione e trattenimento delle proprie emozioni e sentimenti
– percezione di diversità dagli altri
– paura di essere criticato e giudicato
– passività ed estraneazione per una realtà che non interessa
Risposta alla domanda 2) “Buono” è un giudizio esterno, e già questo è discutibile perché le persone vanno accettate per quello che sono e mai giudicate o criticate.
Qual è la scala di valori usata per l’interpretazione.
– quella sociale che vuole individui conformi a modelli
– quella familiare per la quale un bimbo “tranquillo” e ubbidiente è più comodo e facile da gestire
– quella ambientale-scolastica-attitudinale per la quale interagire con chi assorbe senza approfondire, ribellarsi, esprimere il proprio parere, la propria vivacità, crea sicuramente meno problemi
– oppure ancora si tratta di un bimbo appagato in tutti i suoi bisogni per cui si sente soddisfatto e rilassato?
Risposta alla domanda 3) Essere” Buono” difficilmente è essere se stesso ed esprimere se stesso, perché per natura un bambino è curioso, desideroso di imparare e fare esperienza e questo indica vivacità di mente e di azione. Spesso, soprattutto in una realtà, che manca di rispondere in qualche modo alle esigenze di chi la vive, c’è la tendenza del soggetto a estraniarsi, a vivere in altre dimensioni, interiorizzare e quindi apparire all’esterno “buono “tranquilo”.
DOMANDA FINALE per chi interagisce con bambini “Preferite un bimbo “buono” o un bimbo che è se stesso ed esprime chiaramente se stesso e per questo è felice?
Tu, genitore, educatore, istruttore, società, a che cosa miri? A formare un individuo apparente che segue modelli, che si lascia condizionare senza disturbare, insicuro di sé tanto da necessitare di approvazione per ogni cosa che fa oppure una persona unica, originale, che ha fiducia in se stessa, che esprime se stessa al di fuori di schemi e opera di conseguenza?
ATTENZIONE a interpretare la domanda in modo distorto. ESSERE SE STESSI uno stato che va oltre il significato di fare quello che si vuole per capriccio, essere viziati, essere EGOISTI e pretendere.

Sviluppare il bisogno di ESSERE SE STESSI  è aiutare a conoscere se stessi, amarsi, esprimere in prima persona le proprie potenzialità, talenti, capacità per acquisire fiducia in se, autostima, per sentirsi soddisfatti di se, lottando con entusiasmo per raggiungere i propri obiettivi, impegnandosi in prima persona.
NULLA A CHE VEDERE CON L’EGOISMO che pretende dagli altri quello che si può ottenere da se stessi.

ESSERE SE STESSI RIFIUTA ANCHE  L’AGIRE PER OTTENERE RICOMPENSE. Chi è sé stesso si attiva ed si esprime con entusiasmo perché fa quello che gli piace veramente e se lo crea, senza dover ricorrere a incentivi che creano legami di dipendenza e soggiacenza a ricatti (Vilma)

RESPONSABILITA’

Deriva dal verbo latino “Respondere” . E’ composto da 3 parti “Re” che vuol dire indietro, “Spondere”, verbo che significa promettere e dal suffisso “Bile” che indica possibilità. Nel significato letterario, quindi, indica la possibilità di impegnarsi a rispondere a se stesso o agli altri in merito a qualcosa che si è deciso e scelto di compiere. In verità la parola è molto piu’ complessa e nel corso dei tempi si è arricchita di valori filosofico-sociali-tradizionali- religiosi, politici e morali che ne hanno arricchito l’importanza e ampliato il significato.
Il rapporto meccanico di causalità “Causa-effetto” è stato superato, coinvolgendo aspetti e tematiche che l’hanno accostata e inglobata a un discorso piu’ ampio caratterizzato da una filosofia e uno stile di vita che presuppone una consapevolezza del proprio modo di essere e del proprio agire. Essere responsabili diventa quindi una scelta di vita e di rapportarsi con se stessi e con gli altri, indicando la capacità di operare, in modo consapevole e cosciente, attribuendo a se stessi gli effetti e le conseguenze delle proprie decisioni e scelte.
Questo ovviamente comporta: maturità, serietà, ponderatezza, equilibrio verso se stessi e verso gli altri.
Valori nella società odierna poco sentiti e praticati, ragione per cui la responsabilità oggi viene correlata ai termini libertà e colpa. Nel senso che si cerca una egoistica libertà di agire che toglie ogni responsabilità al protagonista e che, scarica le colpe e colpevolizza altro o altri, per gli effetti e le conseguenze dei propri errori e per le proprie scelte sbagliate. Cosi vediamo che il responsabile del furto è la vittima perché ha lasciato la porta aperta e il ladro ne ha approfittato. Il cattivo cibo è il responsabile del male di pancia, una mala sorte è colpa di un destino crudele, la diffusione di una malattia è dovuta a untori piuttosto che a chi vive in squilibri continui che debilitano il sistema immunitario e via dicendo, si potrebbe andare avanti a riempire pagine su pagine, con esempi continui in tutti i campi della vita quotidiana. Sarebbe necessaria una maggiore comprensione e consapevolezza del termine “Responsabilita” legata alla serieta,  all’ impegno e al coraggio individuali nella risposta alle situazioni della vita, soprattutto quando si creano azioni o eventi che possono nuocere ad altri. (Wilma)